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29 aprile 2011

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La Fisica Quantistica a Burcei - B=f c

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26 aprile 2011

Miss e Mister Ciliegia



Sono aperte le iscrizioni per il concorso
Miss e Mister Ciliegia 2011 

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Leopi sulle tracce della Jana di Burcei

LEOPI SULLE TRACCE DELLA JANA DI BURCEI

Cose che capitano a Burcei, la
notizia della bella avventura del gatto Beetoven corse di bocca in
bocca, e per i felini di vibrissa in vibrissa, era inevitabile. 
Tutti i gatti volevano vivere una notte d’amore con la dolce jana del monte
Serpeddì e tutte le padrone anelavano le lucenti monete d’oro. 

Un’altra notte il gatto Leopi scappò anche lui di casa, non si fece piu’ vedere
per quattro giorni.
Tornò, stanco, deluso e acciaccato, e in bocca
nessuna moneta d’oro, anzi aveva la coda bruciacchiata e gli occhi
spiritati. Non dormì per molte notti. 
Tutto il paese, ma anche la sua
padrona, si chiedevano cosa fosse successo di così terribile. 
E’ presto detto : così come fece Beetoven, Leopi si incammino verso il monte, ad
aspettarlo, sopra una pietra liscia, una creatura piccola, dolce, alata
ed invitante, pareva proprio una jana. 
Il gatto si avvicinò, tutto
eccitato, pregustando una torrida notte d’amore.
Ma a Burcei, ed ancora
di più nelle sue campagne, non tutto è quel che sembra. 
La presunta
Jana era invece Maschinganna, folletto cattivo e dispettoso. 
Il gatto,
ignaro e fiducioso, seguì l’esserino dentro un tronco, e mentre si
pettinava i baffi con le zampine, assistette alla trasformazione del
cattivone. 
Ecco apparire questo “maestro dell’inganno” in tutto il suo
splendore. 
Aveva orecchie asinine, naso adunco, pochi capelli su una
testa oblunga, braccia che toccavano terra, e una bocca grande e
sdentata, occhi come carboni ardenti. 
Con un piede, fornito di unghie
lunghe e nere, il folletto trattenne la coda del gatto, già basito
dalla paura e dalla delusione.
Quindi sigillò l’uscita con un pesante
masso. 

Lo tenne prigioniero per alcuni giorni, tormentandolo con sempre
sue nuove trasformazioni, e quando Leopi, stremato, crollava dal sonno,
si divertiva a strappargli i baffi, facendolo saltare come una molla.
Quando il folletto si stancò della sua presenza, ma non per pietà, lo
lasciò andare. Per lo sfortunato felino nessuna moneta d’oro, solo
tanta paura. 

Cose che capitano a Burcei.
Roberto Pinna




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25 aprile 2011

Una pasquetta di qualche anno fa a Burcei

Oggi, mi avvicino da Marco e Ignazio a “Su passu”, Ho intenzione di comprare un pò di pane di burcei e una bottiglia del loro vino, quello che “fait scaresci is amarguras de sa vida”, nieddu e sinceru, e, mentre mi appresto ad andare via, ecco il solito vecchietto, lo stesso che mi raccontò dello strano rito ai piedi del fico. Mi racconta un’altra storia. Molti anni fa un gruppo di giovani del paese andò a fare la gita di pasquetta nei pressi del rio ollastru, percorrendo i sentieri tracciati dai minatori, verso la vecchia miniera di argento. Uno di loro trovo, non si sa come, una antica pietra. Era una pietra piatta con su incisi dei disegni, la rappresentazione di un labirinto. Da quello che ho capito doveva essere una “pintadera”, pietra che i nuragici forse utilizzavano per marchiare il pane. Quel giovane era figlio di uno dei panettieri del paese, tenne gelosamente per se la pietra. Lo stesso anno, in particolare per la ricorrenza di S. Antonio, il santo che rubò il fuoco dall’inferno, con la sua ferula, per portare il calore nella nostra Isola, iniziarono a comparire pani istoriati con i motivi della pietra. Lo stesso si faceva per i pani offerti in onore dei morti del paese, dopo la messa del trigesimo. E nessuno diceva niente, pareva tutto normale. Il vecchio mi ha ancora detto che forse nell’impasto di quel pane vi era l’acqua attinta nel rio ollastru. Questa tradizione durò per qualche anno, e si diceva che quel pane era magico :guariva dal mal di gola, ridonava vigore ai malati, voglia di vivere a chi stava male. Ma un bel giorno, non si sa bene perché, fini quella strana produzione di pane. Forse chiuse il forno, forse vi sono motivi imprescrutabili ed esoterici che ne hanno determinato la fine. Ma il vecchio mi dice che la pietra e’ ancora in paese, e che forse viene usata solo in momenti particolarmente critici. Il suo labirinto senza fine continua a tracciare segni, là fra le vie e i campi del paese, verso l’infinito. 
Roberto Pinna 




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Pasquetta di qualche anno fa a Burcei

Pasquetta di qualche anno fa a Burcei
Oggi,  
mi avvicino 
da Marco e Ignazio a “Su passu”, 
ho intenzione di comprare un pò di pane di burcei
e una bottiglia del loro vino, 
quello che “fait scaresci is amarguras
de sa vida”, nieddu e sinceru, e, 
mentre mi appresto ad andare via,
ecco il solito veccghietto, 
lo stesso che mi racconto dello strano rito
ai piedi del fico.
Mi racconta un’altra storia. 
Molti anni fa un gruppo
di giovani del paese andò a fare la gita di pasquetta 
nei pressi del rio ollastru, 
percorrendo i sentieri tracciati dai minatori, 
verso la
vecchia miniera di argento. 
Uno di loro trovo, non si sa come, una
antica pietra. 
Era una pietra piatta con su incisi dei disegni, la
rappresentazione di un labirinto. 
Da quello che ho capito doveva essere
una “pintadera”, 
pietra che i nuragici forse utilizzavano per marchiare
il pane.
Quel giovane era figlio di uno dei panettieri del paese, tenne
gelosamente per se la pietra. 
Lo stesso anno, in particolare per la
ricorrenza di S. Antonio, il santo che rubò il fuoco dall’inferno, 
con la sua ferula, 
per portare il calore nella nostra Isola, 
iniziarono a
comparire pani istoriati con i motivi della pietra. 
Lo stesso si faceva
per i pani offerti in onore dei morti del paese, dopo la messa del
trigesimo. 
E nessuno diceva niente, pareva tutto normale. 
Il vecchio mi
ha ancora detto che forse nell’impasto di quel pane vi era l’acqua
attinta nel rio ollastru.
Questa tradizione durò per qualche anno, e si
diceva che quel pane era magico :guariva dal mal di gola, ridonava
vigore ai malati, voglia di vivere a chi stava male. 
Ma un bel giorno,
non si sa bene perché, fini quella strana produzione di pane.
Forse chiuse il forno, 
forse vi sono motivi imprescrutabili ed esoterici che
ne hanno determinato la fine. 
Ma il vecchio mi dice che la pietra e’
ancora in paese, e che forse viene usata solo in momenti
particolarmente critici. 
Il suo labirinto senza fine continua a
tracciare segni, là fra le vie e i campi del paese, 
verso l’infinito.

Roberto Pinna




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24 aprile 2011

Una Pasqua a Burcei

Una Pasqua a Burcei

Molti anni fa, così come mi ha raccontato un
anziano del paese, avvenne un fatto formidabile, ricco di mistero, 
ma proprio per questo celato nelle memorie del luogo. 

Nelle campagne, vicino al paese, 
ammantato di nebbia, 
svettava un vecchio fico selvatico. 

Nell’ equinozio di primavera, quando la natura rinasce,
alcune donne anziane erano solite officiare strani riti ai piedi di
quest’albero. 
Gli uomini non erano ammessi. Erano atti, accompagnati da
“abrebus”, antiche preghiere, sotto la luna.
Gli uomini dicevano che il
fico è un albero demoniaco, che ospita presenze malvage, forse anche
perché proprio sotto un fico si impicco l’apostolo Giuda. 
Ma lasciavano
correre, forse avevano paura della potenza delle donne, in tempi
lontani, vigente un potere matriarcale e una religione tutta al
femminile, erano le donne le sacerdotesse di ogni rito. 
Tempi nei quali
la dea Tanit, portata in Sardegna dai fencio- Punici, aveva un
santuario in ogni parte dell’isola. 
La religione cattolica relegò le
donne, la magia naturale, e cristianizzò ogni atavica espressione
religiosa non in linea con i dettami della chiesa di Roma.
Quell’anno i
pastori erano disperati per lo scarso figliare di pecore, capre e
mucche, gli arbusti di ciliegio spogli e bruciati dal gelo, e per di
più il figlio del Sindaco del paese stava molto male. 
Tre donne
bussarono alla porta del primo cittadino del paese, si fecero
consegnare il bambino, lo avvolsero nei loro scialli caldi e neri.

Giunti  ai piedi dell’albero, mentre il bimbo ,che da tempo era
malfermo sulle gambe, guardava l’ombra inquietante dell’albero con
occhio sgranati,iniziò il rito. 

Una donna taglio tre rami dell’albero,
un’altra stacco 13 frutti con i quali, intrecciandoli con un giunco
fece una collana,ed inziarono le preghiere. 
La collana di infruttescenze venne posta sul collo del malato,
l’altra donna sbattè a
terra i tre rami, poi li ruppe, posandoli poi sulle gambe del bambino.
Tutto avvenne sotto la pallida luce della luna calante,
in “ sa di de cènabara santa “. 

Nella chiesa del paese era tutto un fiorire di
“nenneri”, vicino al sepolcro del Cristo morto. 
IL paese era silenzioso, quasi in attesa. 

Quel ragazzo guarì, era proprio il vecchio
che mi ha raccontato questa storia. 
L’anno seguente magnifica annata di
ciliegie, e molti parti fra gli animali. 
Cose che capitano a Burcei.

ROBERTO PINNA




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21 aprile 2011

Un Poeta a Burcei - Unu poeta a Brucei

Unu poeta a Brucei

M’hant nau, e ci creu, de unu poeta,
po sorti innoi
arribau, e deu no seu.
Ascutat su bentu, buffat is fueddus
De sa genti,
liggiat is corus, e no pariat.
Is antigus naraiant    
chi s’omini chi
bivit de poesia  
bit prus atteusu de donnyunu.
 
Maccus, pipius, e poetas
,e fotzis santus,
de ogni bidda spantu,  e nn’di seu siguru,
si contat
su benideru. Cuss’omini , est beru
teniat ogus chi stampant  su nieddor’
e sa notti, 
cantat  is sentidus e is prantus,
is ammentus, is affannus
e su druçiori de
sa vida. 
Ma sa poesia prus bella 
est unu coru,
unu coru solu, 
unu coru pren’e fantasia,
contus ,strinas po chini podit
cumprendi,
arriri e prangi 
cun cussu poeta.

Traduzione:

Un poeta a Burcei

Mi hanno detto, e ci credo, 
di un poeta,
per sua sorte qui arrivato,
e non sono io.

Ascoltava il vento, 
beveva le parole della gente, 
leggeva i cuori,
e non pareva .

Gli antichi dicevano che 
l’uomo che vive di poesia 
vede più lontano di chiunque.

Matti, bambini, poeti, e forse santi,
di ogni
paese stupore, e ne sono sicuro,,
ci raccontano il futuro.
Quell’uomo,
è vero, 
aveva occhi che bucavano il nero della notte,
cantava i sentimenti e il pianto,
i ricordi, gli affanni,
le dolcezze della vita.

Ma la poesia più bella
è un cuore, un cuore solo, un cuore colmo
di fantasia, 
racconti, 
doni solo per chi può capire,
ridere e piangere con
quel poeta.

Roberto Pinna




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18 aprile 2011

Beethoven, Gatto speciale

Beethoven, Gatto speciale

- janas a Burcei ¬-


Ha due anni a Pasqua,
un pelo bianco e setoso e occhi blù,
finito per una serie di coincidenze
nel villaggio di Burcei.

 Stava suggendo le generose mammelle di mamma gatta,
e si trovò catapultato in un trasportino,
e sballottato in mille curve.
Libero era, e ancora qui libero come il vento.
Ma da un po’ di tempo a questa parte
nel paese accadono fatti “magici”:
capre che cantano,
ciliegie giganti,
pozioni alchemiche, 
e lui, cullato dalla
primavera che suggerisce amplessi felini,
dolcezze fra code attorcigliate,
miagolii d’amore,
non potè fare a meno di sfuggire da quella malìa.

Una notte si allontanò da casa,
voleva andare verso quel monte,
il monte “Serpeddì”,
 agognava una gatta selvatica,
una vera gatta,
anche a costo di “lasciarci le vibrisse”
e tutti gli ammenicoli
di un macho gatto.

Era una notte di primavera,
strana perché inspiegabilmente buia,
fredda e tempestosa,
da lontano vedeva quelle
antenne inquietanti.
Ma un vero micio,
macho micio,
non può avere
paura, e andò, quatto, quatto,
fiutando il vento, verso il suo destino.
Non aveva iniziato la salita
che le sue orecchie furono ferite da un
lancinante urlo,
miagolio strano, ma quasi umano,
ancora più pauroso
per un gatto.

Sopra una pietra piatta e liscia, una strana creatura,
piccola, carina, con due ali da libellula.
Era una “jana “, una dolce
fata, esserino che appare alle persone semplici,
e forse ai gatto avventurosi.
Beethoven la seguì,
andarono verso una stretta entrata,
lì fra le rocce.
Non posso dire altro,
nell’esoterismo non è possibile
rivelare tutto, 
non posso rivelare se si amarono,
o cosa fecero,
ma so che la Jana si può trasformare in ciò che vuole,
e forse ho detto troppo.
L’indomani mattina, Y la sua padrona,
sentì grattare alla porta,
aprì,
fuori c’era il suo gatto ,
occhi pieni d’amore, in bocca
una scintillante moneta d’oro.

Roberto Pinna




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14 aprile 2011

- La magia di Monte Genis - Sa maxia de monte Genis -


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Sa maxia de monte Genis

Parit cosa chen’e sentidu, de no crei,
unu pastori de brebeis, burceresu,
amigu de attesu, ma stimau po sinceridadi,
m’hat contau s’istadi passada, est berus,
est beridadi, cussu chi bollu cantai.

Hiat seminau unu  cunjau, trigu e sudori,
lori poi fai  mandigai, ammanniai
baccas e bois. Ma una di, fiat de merì,
spigas croccadas, signus in su sartu,
terras prenas de maxia, novas alchimias
Signus in sa terra, sigillu de Salomoni,
stella, druçi stella de sa nott’e Santu Anni.

Ma cussas ispigas fiant mannas mannas,
arrubias che fogu, non fiat giogu
custa fantasia. Animalis incantaus,
trigu meda amau, dae su xelu donau.
Cuss’ annu, ne morti, ne dannu,
nudda prantu, nudda affannu,
e ceresia , de ceresia unu muntoni.

Donnya di in cussu sartu, cun meda amori,
tottu sa bidda spantada, po biri sa parada,
cussa goiosa improvvisada siderali.
Vitellus incataus,e nippuru su peccau
Nasciat in sa regioni, sceti amori.

Solu amori.

Roberto pinna


Traduzione:

La magia di monte genis
appare una cosa senza logica,da non credere,
un pastore di pecore, burcerese,
mio amico da lontano, ma da me stimato per sincerità,
mi ha raccontato dell'estate scorsa, ed è vero,
è verità quello che voglio cantare.

Aveva seminato un campo, grano e sudore,
mangime per far mangiare, ingrandire
vacche e buoi. Ma un giorno, era di pomeriggio,
spighe sdraiate, segni nel campo,
terre piene di magia, nuove alchimie.
Segni nella terra, sigillo di Salomone,
stella, dolce stella della notte di S. Giovanni.

Ma quelle spighe erano grandi, grandi,
rosse come il fuoco, e non è gioco
questa fantasia. Animali incantati,
grano molto amato, dal cielo donato.
Quell'anno nè morte, nè danno,
nessun pianto, nessun affanno,
e ciliegie, di ciliegie una gran quantità.

Ogni giorno in quel campo, con tanto amore,
tutto il paese a bocca aperta, per vedere il miracolo,
quella gioiosa e inaspettata manifestazione siderale.
Vitelli incantati, e neppure il peccato nasceva in quella regione,
solo amore, davvero,

solo amore.

Roberto Pinna




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13 aprile 2011

Album fotografico di Patrizia Pisu

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12 aprile 2011

Album fotografico di Doriana Mattana

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Album fotografico di Antonio Zuncheddu

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10 aprile 2011

Una Capra nata per la danza , sempre a Burcei


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Una craba nascia po sa danza, sempre a Burcei.

No parit beru , 
femu andendi, piotti piotti,
cun sa macchina sidia de benzina, 
casi po arribai a su Passu,
a Santu Gregoriu,
e mi cumparit una scena de mi fai ammacchiai.

Biu de attesu, duas cambas biancas
cambas de animali,
satiendi,  cun una armonia mai bista.
Una craba in mes'e sa Ia,
Fiat ballendi, 
non parit berus, ma fiat ballendi...

Mi frimu, castiu, 
is ogus foras de sa conca.. 
allocchiau… 
Accant’e sa cora unu pastori :
braba bianca, 
bacculu, 
giacchetta,
zigarru tirau, 
una radiu ne is manus. 

Sa melodia fiat una “lambada”, 
ballu furisteri.
Sa craba, tottu allepputzada, 
ogus tentadoris, sconchiada, 
moviat sa parti  de segus,
pariat una “velina”, e inghitzat a ballai…..
 Mi pariat de sonnai…

Sa craba, fait tottus is mossas de su ballu.. 
si ponit  a curri….a giogai,
… e inghintzat a cantai.. eja, a cantai.. 
boxi mai intendia.. boxi,
itta pozu nai.,. 
casi de “mina” candu fiat giovana.
Chistionada su
Spagnolu, ma beni, pariat sa muller’e Zappatero…,
de prus , sa muller’e
Juan Carlos de Borbone.
Be, itta potzu nai……. 

Si fidanzaus
su mesi ch’intrada…

Robur de Kasteddu.

Traduzione:

Una Capra nata per la danza , sempre a Burcei

Non sembra vero
stavo andando, pian piano
con la macchina a secco di benzina
prossimo a "su Passu" a San Gregorio
e mi appare una scena da farmi impazzire.

Vedo da lontano due gambe bianche,
gambe d'animale
saltando, con un' armonia mai vista.
Una capra in mezzo alla strada
Stava ballando, 
non sembra vero ma stava ballando.

Mi fermo, guardo;
gli occhi fuori dalla testa,
affascinato.
Accanto alla cuneta, un pastore
barba bianca
bastone
giacchetta 
sigaro
una radio nelle mani.

La melodia suonava una "lambada"
ballo internazionale
La capra, limpida
sguardo tentatore, faceva cenno con la testa.
Ondeggiava le anche
sembrava una velina
 inizia a ballare.
Mi sembrava di sognare

La capra fa tutti i movimenti del ballo
corre, gioca
e inizia a cantare, ... si a cantare
voce mai sentita
voce.... cosa posso dire
come Mina in giovane età.

Parlava lo spagnolo
bene che sembrava la moglie di Zappatero....
ma cosa dico
...di più la moglie di Juan Carlos di Borbone.

Bhe..
come concludo:
Ci fidanziamo il mese prossimo.


By Roberto Pinna





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9 aprile 2011

Album fotografico di Jonata Mucelli

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Burcei alkimia - Brucei alkimia

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Brucei alkimia 

Ceresias in frori, 
cittias, soli a basai, nai po nai,
e in su menjanu, frag’e maxia.
No si podint cumprendi, 
poderai sas novas alchimias de sa terra. 
Serru is ogus, no biu luttas,
sceti amori, no biu gherras, 
e in custu druçiori s’avolotat su coru, 
tottu est armonia. 

by Roberto Pinna


Traduzione:


Burcei alkimia

Ciliegie in fiore
Silenziose, baciate dal sole, dire per dire
e nella mattina, fragranza magica.
Non si possono capire,
sostenete le nuove alkimie della terra.
chiudo gli occhi, non vedo luce
solo amore, non vedo guerre
e in questa dolcezza si agita il cuore.
Tutto è armonia.

by Roberto Pinna




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Se la Vita è un Piatto di Ciliegie, Perché a me Solo i Noccioli?

8 aprile 2011

...............- La ciliegia più grande del Mondo a Burcei - .............. (Sa Ceresia prus mann'e su mundu a Brucei)



Ddu sciu, sa sceda no est
lompia ne is giornalis, e nippuru in su gazzettinu sardu.
Tottus citius, ma deu hapu tentu sa diçiosa sorti de dda biri.
S’annu passau,
annada mala po sa ceresia,
benit in ufficiu unu ziu, tottu spantau,
spettonau e spiturriau, no pozu fai nominis..
Po da fai in cruzu,
andaus a su cungiau, e mi fait biri custa ceresia manna manna, manna
cumenti dexi sindrias de Arborea. Arrubia che fogu, is nais de sa matta
tottus abasciadas.

Arribat su gopai de custu ziu, cun su carr’e bois,
portaus custu portentu in praz’e cresia, tottu sa bidda avolotada.
Donnyunu a bucc’operta.
Segaus sa  ceresia in bellas fittas mannas, po
trinta e prus pipius, feminas e ominis.
Itta sapori divinu!
Nisciunu hat scoviau. 
Speraus puru po cust’annu su propriu miraculu… Ma no ddu
scovieis in giru..,
po caridad’e Deus.

Roberto Pinna
Robur de kasteddu


Traduzione:

La Ciliegia più grande del Mondo a Burcei

Lo sò, la notizia non è arrivata,
i giornali e neppure il gazzettino sardo.
Tutti zitti, ma io ho avuto la fortuna di vederla.
la ciliegia
L'anno scorso,
anno poco produttivo per la ciliegia,
è venuto un signore, meravigliato,spettinato 
e con la camicia sbottonata,
non posso fare nomi.
In breve, andiamo nel campo e mi fa vedere
una ciliegia grande, grandissima,
come dieci angurie 
di Arborea,
la ciliegia
di colore rosso fuoco.
Arriva il compare, di questo signore, con i buoi
che tirano il carro.
Portiamo questo ben di Dio nel piazzale la chiesa, 
tutti rimangono a bocca aperta.
Affettiamo la Ciliegia in belle fette grandi per trenta e più
bambini, uomini e donne.
Che sapore Divino!!!
Nessuno l'ha detto.
Ci auguriamo per quest'anno lo stesso miracolo
ma non raccontatelo in giro,
per l'amore di Dio.

By Roberto Pinna






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7 aprile 2011

Concorso "Balconi fioriti"

 

Immagina 

 se un giorno ti svegli e

Burcei 

sprizza luce e colori diversi 

in ogni via.

Ti piacerebbe? 

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  Concorso 

"Balconi fioriti"

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Il concorso 
di terrà fino
alla fine 
di
luglio.

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