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24 aprile 2011

Una Pasqua a Burcei

Una Pasqua a Burcei

Molti anni fa, così come mi ha raccontato un
anziano del paese, avvenne un fatto formidabile, ricco di mistero, 
ma proprio per questo celato nelle memorie del luogo. 

Nelle campagne, vicino al paese, 
ammantato di nebbia, 
svettava un vecchio fico selvatico. 

Nell’ equinozio di primavera, quando la natura rinasce,
alcune donne anziane erano solite officiare strani riti ai piedi di
quest’albero. 
Gli uomini non erano ammessi. Erano atti, accompagnati da
“abrebus”, antiche preghiere, sotto la luna.
Gli uomini dicevano che il
fico è un albero demoniaco, che ospita presenze malvage, forse anche
perché proprio sotto un fico si impicco l’apostolo Giuda. 
Ma lasciavano
correre, forse avevano paura della potenza delle donne, in tempi
lontani, vigente un potere matriarcale e una religione tutta al
femminile, erano le donne le sacerdotesse di ogni rito. 
Tempi nei quali
la dea Tanit, portata in Sardegna dai fencio- Punici, aveva un
santuario in ogni parte dell’isola. 
La religione cattolica relegò le
donne, la magia naturale, e cristianizzò ogni atavica espressione
religiosa non in linea con i dettami della chiesa di Roma.
Quell’anno i
pastori erano disperati per lo scarso figliare di pecore, capre e
mucche, gli arbusti di ciliegio spogli e bruciati dal gelo, e per di
più il figlio del Sindaco del paese stava molto male. 
Tre donne
bussarono alla porta del primo cittadino del paese, si fecero
consegnare il bambino, lo avvolsero nei loro scialli caldi e neri.

Giunti  ai piedi dell’albero, mentre il bimbo ,che da tempo era
malfermo sulle gambe, guardava l’ombra inquietante dell’albero con
occhio sgranati,iniziò il rito. 

Una donna taglio tre rami dell’albero,
un’altra stacco 13 frutti con i quali, intrecciandoli con un giunco
fece una collana,ed inziarono le preghiere. 
La collana di infruttescenze venne posta sul collo del malato,
l’altra donna sbattè a
terra i tre rami, poi li ruppe, posandoli poi sulle gambe del bambino.
Tutto avvenne sotto la pallida luce della luna calante,
in “ sa di de cènabara santa “. 

Nella chiesa del paese era tutto un fiorire di
“nenneri”, vicino al sepolcro del Cristo morto. 
IL paese era silenzioso, quasi in attesa. 

Quel ragazzo guarì, era proprio il vecchio
che mi ha raccontato questa storia. 
L’anno seguente magnifica annata di
ciliegie, e molti parti fra gli animali. 
Cose che capitano a Burcei.

ROBERTO PINNA




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