Macrolibrarsi.it presenta il libro: Evoluzione Spontanea di Bruce Lipton

Translate

Descrizione

Il paese, situato a quasi 700 metri sul livello del mare, è quello che, nella provincia di Cagliari, ha le caratteristiche maggiori di centro montano. Il suo territorio infatti è prevalentemente montuoso, costellato di boschi e sorgenti e particolarmente adatto alla pastorizia, attività su cui si basa gran parte dell'economia paesana. Altre zone, poi, sono destinate alla coltivazione di orti, viti, leguminose e soprattutto delle famose ciliegie. Il centro abitato, che ancora conserva strutture dell'antica tradizione architettonica sarda, si adagia sul pendio di una collina nel versante est del monte di Serpeddì ed è cresciuto attorno a tre piccole piazze.

Il toponimo deriverebbe dal sardo "burrei", che significa branco di buoi o di vacche, a sottolineare l'antica propensione alla pastorizia del paese. Burcei sarebbe stata fondata da un gruppo di pastori barbaricini, che si stabilirono presso la sorgente Sa Mitza de su Salixi, situata fino a qualche decennio ancora nel centro del paese, attratti dall'abbondanza d'acqua e dei pascoli del luogo.


Dal Dizionario Angius/Casalis

La Sardegna paese per paese

Burcèi

BURCÈI o BURCÈRI,

villaggio della Sardegna nella provincia di Cagliari,
distretto di Sinnai,
tappa (officio d’insinuazione) di Cagliari.
Si annumerava tra i paesi che componevano l’antico
dipartimento del Campidano (di Cagliari) del giudicato Caralese.

Di questo paese nulla menzione fu fatta dal primo corografo sardo (il Fara),
nè tra gli in suo tempo esistenti,
nè tra li deserti; onde deve tenersi per recentemente fondato:
e se sia vero lo che riferisce
la tradizione avrebbero dato al medesimo la prima origine alcuni pastori della Barbagia,
che locatari
essendo d’un salto vicino, quivi nell’inverno se ne stavano,
stabilita la mandra presso alla sorgente

(Sa mizza dessu saliji)
da cui ora beve il popolo.
Allettati dalla copia del pascolo, dall’abbondanza
dell’acque,
dalla salubrità dell’aria, dalla dolcezza del clima vi condussero le loro famiglie.
Sono ancora vivi i pioppi che proteggevano dal sole estivo le prime capanne.

È in una situazione elevata, ed in esposizione a tutti i venti,
sebbene rotta sia la furia dei siroccali
dalla crescente altezza dei monti della catena centrale nella cui pendice orientale esso è fondato.

Le case sono 165,
le strade poco regolari.

Vi abitano famiglie (anno 1833) 155,
che danno anime 735.
Si celebrano annualmente 10 o 12 matrimoni, nascono 25, muojono 10.
Alcuni prolungano la
vita ai 90, e 100, molti ai 70.

Le ordinarie malattie mortali sono le pleurisie.

Avvegnachè spesso nell’inverno la temperatura sia più bassa che nella gran valle
(il Campidano),
tuttavia non può tenersi per una regione fredda,
nè pure in tal stagione.

Quando dominano i levanti
cadono copiose pioggie,
in notti serene resta umettata la terra da molta rugiada,
e se sia d’inverno
formasi il ghiaccio.

Le nevi sono allora frequenti, e d’ogni tempo le nebbie,
ma senza alcun
nocumento.

La grandine ed i fulmini sono flagelli assai temuti, per cui spesso si piange.
Mancano affatto le arti,
e l’unica manifattura è quella dei panni ruvidi di lana,
di cui si fa qualche
smercio tra i Campidanesi.
Comprendesi questo popolo dentro la giurisdizione dell’arcivescovo di Cagliari.

La parrocchiale è
intitolata dalla N. Donna del Monserrato.
Il parroco è qualificato rettore, e tiene un solo coadjutore
nella cura delle anime.

Si festeggia due volte per la titolare con spettacolo di fuochi d’artifizio,
e freguenza dei vicini paesi.
I cadaveri seguono ad infettar l’aria della chiesa.

Il cemiterio attiguo è per pochissimi, ai quali
prima di morire presentasi come ultima sventura non poter disfarsi sotto il tetto della medesima.

È tra questi popolani e quei di Sìnnai la promiscua delle terre.

Quelle però ch’ei tengono come
dotazione propria possono esser credute un’area di circa 30 miglia quadrate.
La popolazione è ben
situata perché quasi in centro.

Essendo i terreni in massima parte sabbiosi convengono più all’orzo che al grano,
e quello infatti è
solito rendere il 12, questo il 6.
Era stabilita l’azienda agraria di questo comune a starelli di grano 500,
ed a lire 586. 8. 0.

Nello stato del 1833,
il fondo granatico era nello stesso numero,
il nummario si vedeva ridotto a lire 57.17. 0.

Ragguaglia lo starello a litri 49,20, la lira a lire nuove 1. 92.

Il totale della seminagione può
ascendere a starelli 900.
È poco curata la cultura del granone, legumi, e lino.

Le viti vi prosperano,
se non che sopraggiungendo la stagione fredda prima della maturità perfetta delle uve,
il vino riesce leggiero e facilmente inacidisce.
Consumasi tutto nel paese.

Gli alberi fruttiferi sommeranno a 3000 individui.

Le specie sono peri, fichi, pomi,
ciriegi di alcune varietà.
I castagni ed i noci vi allignano mirabilmente,
e ciò non persuade ad accrescerne la
piantagione.
Sonosi formate alcune chiudende per seminarvi,
ed in anni di riposo a tenervi il bestiame a pastura.

Alcune piccole selve ghiandifere sono in varie regioni,
le quali riunite non coprirebbero un miglio
quadrato.

Le principali eminenze del Burcerese sono Puntas de forra,
Sa Serra, Sa Paràda,
su Bruncu dessa Tùrvura,
sotto le quali stendesi tutto il Campidano,
vedesi la capitale,
terminandosi l’orizzonte dai
monti di Villacidro e dalla catena Norese.

Su tutti sorge Monte Forru che a tramontana scopre di più
il dipartimento del Giarrèi e la Barbagia australe o inferiore,
a levante il golfo del Sàrrabus e la valle di s. Priamo.

Tra le altre piante selvaggie trovasi pure dei tassi.
Grandissima è l’abbondanza delle acque, e molto lodata la loro finezza.

La già menzionata fonte
che tienesi in mezzo l’abitato potrebbe servire ad una popolazione dieci volte più numerosa.

Nelle estreme case del rione detto
Sa-rocca sorgene
altra in minor copia sì, ma più leggiera
(Sa mizza dessa rocca).

La prima è difesa da un fabbricato con vasche e lavatoi;
questa scoperta.

In Sergasèi,
sito distante dal paese mezzo miglio,
è un’acqua assai celebrata per la sua freddezza,
che spesso
però estinguendo la sete,
accende febbri fatali.

Scorrono nel territorio tre ruscelli, uno nella regione Assìdi,
l’altro in Piras-arbas, il terzo in
Barbaìsu.

Vi si prendono anguille e trote, e vendonsi le prime a 0,25 la libbra, le altre a 0,80.
Ragguaglia la libbra a chil. 0,406.

Il bestiame che allevasi è nelle rispettive specie dei numeri seguenti (an. 1833).

Buoi per l’agricoltura 170,
 vacche manse 12, cavalli 30, giumenti 45,
capre 2000, pecore 1000,
porci 200.

I formaggi vendonsi nella capitale con molta riputazione.
La montagna è popolata di mufloni, cervi,
e cinghiali, oltre le comuni specie delle volpi e lepri.

I pastori cussorgiali
(che restano in una determinata regione)
soli fanno la caccia.

Potrebbesi insidiare
con gran fortuna ai merli, tordi,
e colombi selvatici, dei quali sono stormi immensi.
Non trovansi in questo territorio che due soli norachi,
e in gran parte distrutti, uno nel sito
Nannicocco,
l’altro nella Serra-de-Antoni-Sì.

Delle strade che partono da Burcèi, una conduce al Partito del Sarrabus lunga ore 6,
e vi si può andare a mala pena sul cavallo;
l’altra indirizzante al Campidano è carreggiabile;
e per essa si va
alla capitale in ore 5,
per ciò che per quasi tre ore serpeggia tortuosamente per le montagne di s. Basilio; una terza porta a Mara ed a Sìnnai,
e non vi si carreggia.

Questo comune è baronale ed è di pertinenza del marchese di Chirra.
La curia è stabilita in Sìnnai
capoluogo del mandamento.
Per le prestazioni feudali,
vedi Sìnnai.

Macrolibrarsi.it presenta il libro: Scelgo la Libertà

I più visti

Visita il giardino