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24 marzo 2011

Il Baule del nonno a Burcei (la lunga notte de “santu ‘Anni”)

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Stanno cercando di convincermi 
che era tutto frutto della mia fantasia, 
che quanto è avvenuto in questi giorni 
è il risultato dello stress 
che ha mandato in tilt il mio cervello. 


Io non ne sono ancora certo. 


Ma devo fare “buon viso a cattivo gioco”, 
altrimenti non mi faranno ritornare a casa, 
continuando ad imbottirmi di sedativi. 


Questi composti chimici, 
frutto di una “spagiria” moderna, 
degenerazione e corruzione della nobile 
ed oramai perduta arte alchemica, 
stanno uccidendo le idee degli uomini e delle donne
che cercano di sfuggire alla omologazione 
imposta dalla attuale società.

Tutto e iniziato a Burcei, 

paese ai piedi del monte Serpeddì.


La scorsa settimana, 
utilizzando un giorno di ferie, 
sono andato a Burcei per rivedere la casa, 
quasi un viaggio della memoria, 
un tentativo di rivivere i ricordi,
le sensazioni, i colori ed i sapori dell’infanzia. 


Rovistando in “su magasinu”, 
ingombro di “carradas” e di attrezzi per la vinificazione, 
ho avuto la sorpresa di rinvenire un antico baule militare colmo di libri. 


Questo fatto mi ha riempito di curiosità,
 perché il caro nonno Ermete sapeva a malapena scrivere, anche se, sorretto da una formidabile memoria, citava interi brani di componimenti poetici in “limba”, 
in particolare 
“Sa coia de Pittanu”.
Ma la mia curiosità è diventata frenetica, voglia di capire quando mi sono reso conto che il baule era pieno di antichi testi di alchimia : 



“ In arte alchimiae” di Tommaso D’aquino; 
“Il liber Lilium Nuncupatum” 
non ricordo bene di chi, tutti testi in latino. 
Assieme a questi libri, che devono valere parecchi soldi, ho trovato alcuni appunti.. forse traduzioni in lingua sardo-campidanese, colme di strani simboli. 


Ho iniziato a leggere, mentre un sudore freddo, 
una strana agitazione, incominciavano ad attanagliarmi. 
In uno di questi fogli, 
ingialliti dal tempo ma ancora nitidissimi, 
ho trovato questa frase : 


“ In sa notti de Santu Anni, allui su fogu…, 
su coru depit essi limpiu.., 
in su forru.. sali, zrufuru..mercuriu.., 
et in sa bia siccada… 
su nieddori hat a diventai biancu che nì….” 


Queste erano chiare istruzioni, 
e ne ebbi conferma nel continuare a compulsare il testo, 
per ottenere, come veniva chiamata nel testo, 


“ sa pedr ‘è su xelu”, 


la pietra filosofale. 


Il fatto più strano era che era proprio 
la vigilia della notte di S. Giovanni, 
notte nella quale, 
nella celebrazione del solstizio d'estate 
(dedicato a S. Giovanni Battista) 
continuavano a dispiegarsi riti ancestrali e carichi di magia. 


Questo testo sembrava quasi un messaggio per me, 
un messaggio che il caro nonno, 
che i paesani chiamavano
"Pinna bianca” 
per la sua folta e bianca capigliatura,
aveva gelosamente conservato 
per il suo unico ed amato nipote. 


Mi venne la pazza idea di tentare 
“la cozione alchemica”…


Nel leggere i libri 
e le istruzioni iniziai a capire 
che i composti Zolfo, sale, mercurio 
non erano i comuni ingredienti che noi ben conosciamo… 
si parlava di essi in senso “filosofico”.. 
in senso metaforico. 


Mentre cercavo, 
fra i vari suppellettili ammonticchiati in un angolo, 
quello che doveva essere un piccolo “Athanor” 
o forno, sono stato distratto dall’arrivo di un felino, 
un grande gatto bianco. 


Mi guardava con i suoi occhi verdi 
che mi ricordavano 
un’altra delle fasi del processo alchemico 
“la viriditas”. 


Trovato, finalmente, il forno, 
non sapendo bene cosa fare, ed alimentato con un sacchetto di carbonella, lo ho acceso. 


Mancava, però, il compost da sottoporre alla “cozione”. 


Nel fondo del baule ho trovato alcune pietre….
di un minerale strano.. 
scuro ed untuoso.

Nei testi si parlava di esso…

e veniva simboleggiato da un drago 
che doveva essere sconfitto, purificato.., 
che doveva morire per poi rinascere a nuova vita. 


Questo minerale in altri testi 
veniva chiaramente chiamato antimonio. 
 Ho trovato anche alcuni alambicchi, 
molto impolverati ma integri.

Mentre il tempo passava, 

ed io ero frastornato dalle molte cose lette.. 
incapace di andare avanti nel mio pazzo esperimento, 
ho iniziato a sentire un leggero sibilare.. 
quasi delle frasi 
delle quali non riuscivo a capire il significato, 
ma nella stanza non c’era nessuno.
Ho teso le orecchie, attento a cogliere ogni rumore..e, finalmente, sono riuscito a sentire :


“ lapis exilis no est … lapis exilis no est giogu”. 


Questo era un chiaro avvertimento, 
ma non riuscivo a capire da dove proveniva questa voce lamentosa, quasi un “birignao”. 
Vicino a me c’era solo il gatto. 


Mentre iniziavo a convincermi 
che poteva essere stato solo il gatto bianco, 
lo stesso, con un improvviso balzo, faceva crollare l’Athanor, 
il piccolo forno, spandendo in tutto il magazzino tizzoni infuocati. 
Alcuni di questi tizzoni sono andati a cadere all’interno del baule causando un piccolo incendio. 
A questo punto devo essere svenuto. 


Di quello che è successo dopo non ricordo nulla. 


Mi sono risvegliato in questo letto di ospedale, 
e di quello che penso di avere vissuto ho raccontato tutto ai miei parenti ed amici. 


Nessuno mi crede. 


Ecco, è arrivato mio cugino, dentro un cestino 
(non so proprio come è riuscito a passare in portineria) 
ha un gattone bianco.


Mi dice che è stato salvato 
dall’incendio della casa a Burcei. 
Ho la folle paura che si metta, improvvisamente a parlare. 


Anche a costo di essere ritenuto ancora “pazzo”, 
accarezzo il gatto e dico a lui: 


“ Si, ho capito, caro nonno Ermete… 
su coru no fiat.. limpiu.. e no fiat unu giogu de pipius”. 


Ma tutte le notti mi appare il fantasma 
di un giovane cavalier Templare : 
Robur da Karalis.

By Roberto Pinna


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